Ripresa, Confindustria rivede le stime al ribasso (e la guerra c’entra, ma fino ad un certo punto)

Nel consueto Rapporto di Primavera gli industriali prevedono un "ritorno al livello pre-pandemia" solo nel 2023. Bonomi mette in guardia sul PNRR: "Avanti sulle riforme, ma rimodulare gli obiettivi"

Prima si stimava di raggiungere i “livelli pre-Covid” già nel secondo trimestre di quest’anno; ora invece l’ipotesi più rosea parla di 2023. Questo il dato chiave del Rapporto di Primavera diffuso in queste ore da Confindustria, che rivede al ribasso le precedenti stime di crescita del PIL (dal +4% annunciato lo scorso ottobre al +1,9% e quindi meno della metà di oggi). Una “recessione tecnica, seppur di dimensioni limitate” la descrive il Centro Studi della Confederazione degli Industriali, che sottolinea come la guerra in Ucraina sia “una variabile cruciale”.

E sebbene dal ritratto tracciato dal report alcuni allarmi sembravano fin troppo allarmistici (è il caso delle stime dell’export, su cui conflitto e sanzioni verso la Russia avrebbero di fatto avuto un impatto definito “modesto” e non catastrofico come altri osservatori hanno evidenziato), il presidente Carlo Bonomi invita tutti alla serietà e all’attenzione: inutile “credere che magari tra qualche settimana il conflitto in Ucraina finisca e tutto torni come nel 2019 pre-Covid. Non è stato vero l’anno scorso, non è vero in questo 2022. Ora è venuto il momento di abbandonare queste azzardate illusioni e di adottare misure strutturali e adeguate, la prima verso l’industria e la manifattura italiana”.

Il macigno del caro-energia sulle imprese

Quello che invece emerge in tutta la sua drammaticità, stanto alle dichiarazioni degli imprenditori, è il peso del caro energia. Confindustria ha stimato “una crescita della bolletta energetica italiana di 5,7 miliardi su base mensile”. Ossia un più 68 miliardi all’anno. Cifre, queste, che invece spaventano, che rischiano di mettere in ginocchio più di un’impresa e che porterà diverse aziende a fermare o ridurre la produzione.

“Se per le famiglie è lecito sperare che tra poche settimane i riscaldamenti nelle case degli italiani si spegneranno, le imprese hanno la cattiva abitudine di produrre tutto l’anno”, ironizza amaramente Bobomi. E la risposta agli “enormi sovraccosti attuali”, dice ancora, “non può essere la cartolarizzazione di 2 mesi di bollette, comunque da pagare al prezzo olandese invece che a quello reale d’importazione e distribuzione in Italia”.

“Le misure sin qui adottate dal Governo non sono sufficienti”, accusa Bonomi. Che poi aggiunge: “Serviva una risposta rapida e strutturale: un tetto al prezzo del gas. Non un calmiere stabilito discrezionalmente dalla politica perché non siamo dirigisti ma una misura basata sulla precisa ricognizione dei prezzi applicati ai contratti vigenti per gli importatori. Decidere un taglio limitato a 30 giorni fa solo pensare che il Mef non intenda rinunciare strutturalmente a nulla di un prelievo così inaccettabilmente elevato“.

“Se le istituzioni assistono senza batter ciglio a un indebolimento così grave della competitività del nostro sistema industriale, che pagherà anche questa volta un prezzo più alto dei nostri concorrenti perché il nostro Paese ha commesso errori molto più gravi di altri nel suo mix energetico, significa accettare che la locomotiva industriale, traino di tutte le riprese nazionali del post 2011, finisca di nuovo sul binario sbagliato”.

Il PNRR? Pensato quando i prezzi non erano “rialzati di 15 volte”

“I dati dimostrano che il PNRR da solo, concepito in altri tempi, non è in grado di generare effetti di crescita tali da contrastare adeguatamente l’enorme colpo portato dagli avvenimenti in corso. Bisogna dunque rivederlo: da quando è stato concepito ad oggi i prezzi si sono rialzati di 15 volte, una cosa inimmaginabile”, chiosa ancora Bonomi durante la presentazione del Rapporto di Primavera. Ma, a differenza di altri argomenti, sul PNRR quello del leader degli industriali è più un monito che una condanna: “Avanti sulle riforme richieste dal PNRR senza se e senza ma, ma rivedendone anche gli obiettivi”.

“Abbiamo bisogno – spiega Bonomi – di un periodo di riformismo competitivo, cioè di fare quelle riforme che da 30 anni il Paese aspetta, che lo rendano competitivo, e che non si sono mai fatte. Su quelle ovviamente bisogna andare avanti mentre sul resto io faccio fatica a capire se, permettetemi la battuta, oggi sono più importanti 52 chilometri di piste ciclabili o forse realizzare quegli impianti di rigassificazione di cui abbiamo bisogno e che possono portare sollievo alle bollette energetiche di imprese e famiglie. Perché sennò il rischio è che faremo le 52 piste ciclabili e ci andremo tutti perché non avremo altro”, commenta sarcasticamente.

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