I dati del Viminale ISTAT non lasciano alcuna incertezza: l’anno 2019 ha registrato 111 donne uccise; nell’anno successivo, il 2020, sono state 116 le vittime; il 2021 ha subito un ennesimo aumento di 118 donne massacrate. Con l’arrivo della pandemia da Covid-19, se durante il lockdown vi è stata una diminuzione di tutti i reati, i femminicidi hanno trovato il terreno più fertile e putrido raggiungendo numeri terribili.
Vittime innocenti, donne che si ribellano a legami malati ma che, nonostante la ricerca della giustizia, divengono martiri di una società che non le ascolta. Una piaga sociale con cui dover fare i conti, non solo contare le vittime.
A coloro che subiscono la morte di una donna per mano violenta si rivolge il progetto RESPIRO
(REte di Sostegno per Percorsi di Inclusione e Resilienza con gli Orfani speciali), un’iniziativa che guarda dalla parte dei minori, un progetto dell’organizzazione senza scopo di lucro “Con i Bambini”, interamente partecipata dalla Fondazione Con Il Sud, con la collaborazione di Save the children e di Terres des Hommes. Un piano con un indirizzo ben preciso che si snoda in un campo nuovo e fragile, la condizione dei cosiddetti orfani speciali bambini e bambine rimasti senza mamma a seguito di un femminicidio.
Gli “orfani speciali”, secondo la definizione di Costanza Baldry, fautrice della prima ricerca sul fenomeno, diventano orfani due volte, in quanto hanno perso la mamma e il papà, e anche la loro facoltà di immaginare una vita “tradizionale”. RESPIRO è un’iniziativa resa possibile nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile nato da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, Forum Nazionale del Terzo Settore e governo italiano.
A dare vita al primo intervento quadriennale è una rete di tredici partner attivi su tutto il territorio nazionale e in particolare in Campania, Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna. Un campo minato dove si mettono in fila diversi aspetti emotivi, psicologici e affettivi, come ci spiega la Dottoressa Psicoterapeuta e Criminologa, Virginia Ciaravolo:
<<Quando parliamo di femminicidio o di violenza sulle donne, dobbiamo specificare che non vi è un solo tipo dì violenza. Ne esistono diverse nature, quella psicologica, fisica, sessuale, economica, dì religione ecc.
Possiamo segnalare alcuni campanelli di allarme che ci devono mettere in guardia per evidenziare un rapporto non equilibrato. In prima battuta, spesso la violenza psicologica che si instaura per un po’ dì tempo, seguita da alcune o da tutte le altre ad effetto domino. I prodromi che possono portare all’escalation letale sono sicuramente isolamento, denigrazione, offese, rimproveri costanti, possesso, divieto nella libertà altrui. Per ottenere ciò, si arriva all’assalto e alle percosse, scatta così la violenza fisica e alla richiesta dì rapporti sessuali senza consenso della partner. Per poi concludersi con l’inibizione dei conti bancari, dove per qualsiasi cosa la donna dipenderà economicamente dall’altro, condizioni limitanti fino all’obbligo dì firmare a proprio nome debiti o intestazione dì società che poi andranno in malora>>.
Segnali che si ripetono e che pongono l’accento sulla difficoltà di gestire da sole una condizione di prigionia e sudditanza.
<<Come ripetiamo sempre, l’unico intervento resta la denuncia, rivolgersi ad un CAV o chiedere un supporto psicologico. Migliorare le leggi che ci sono, intercettare la tragedia prima che accada, non volgere lo sguardo pensando che non ci riguardi>>, afferma la Ciaravolo.
In questa prospettiva di supporto e sostegno, quando purtroppo l’epilogo è tragico, si sviluppa il progetto RESPIRO che vuole promuovere un modello di intervento e di cura che possa garantire una risposta efficace per la protezione di bambini e bambine quando si verifica un femminicidio, affinché i più piccoli e i loro familiari più prossimi non siano soli, ma vengano accompagnati in un percorso di sostegno.
<< La morte di una figura materna crea un grosso danno al minore che assiste, lo stesso si dica senza che accada davanti ai suoi occhi. Quando un padre si macchia di questo delitto così efferato, il danno è esplosivo per il minore che in un solo colpo perde entrambe le figure dì riferimento, la madre uccisa e il padre in carcere>>.
Infatti, nel concreto il progetto RESPIRO lavora su quattro macro aree: presa in carico dei minori orfani, sostegno alle famiglie affidatarie, formazione degli operatori, prevenzione e sensibilizzazione.
<< E’ necessario mettere in campo qualsiasi strumento per sostenere la battaglia contro la violenza dì genere è utile, convegni, seminari, campagne promozionali, social purché tenuti da personale esperto e formato sulla materia>>, conclude la Ciaravolo.