La congiuntura pandemica ha rappresentato uno tsunami per il mondo delle Partite Iva: la presenza di lavoratori autonomi in Italia, dopo ventiquattro mesi di emergenza sanitaria, ha raggiunto il minimo storico. Sono le riflessioni della CGIA, Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato, che delineano il bilancio degli ultimi due anni: a dicembre scorso le Partite Iva erano 4.873.000 unità, trecentomila in meno rispetto al periodo ante Covid.
Il crollo delle Partite Iva in Italia
La CGIA sottolinea che, con l’avvento del Covid, nei primi sei mesi del 2020 il numero di lavoratori autonomi e dei dipendenti è crollato. Successivamente, i dipendenti sono risaliti, fino a raggiungere il livello precedente alla pandemia.
Discorso differente, però, per i lavoratori autonomi: a partire dalla scorsa estate sono risaliti per poi scendere in misura molto preoccupante fino alla fine dell’anno. Se, quindi, nella prima parte del 2021 c’è stato un leggero recupero, nel proseguo c’è stato un andamento sinusoidale che, a dicembre, ha portato il numero degli autonomi ad attestarsi al livello più basso mai raggiunto prima.
Secondo la CGIA,
“la crisi pandemica e le conseguenti limitazioni alla mobilità, il calo dei consumi, le tasse e l’impennata del costo degli affitti sono le principali cause che hanno costretto molte partite Iva a chiudere definitivamente l’attività.
Negli ultimi mesi, inoltre, si è fatto sentire anche il caro energia. Le bollette di luce e gas, infatti, hanno subito dei rincari spaventosi. Se, inoltre, teniamo conto che negli ultimi 10 anni le politiche commerciali della grande distribuzione organizzata e il boom delle vendite on line sono diventate sempre più mirate ed aggressive, per molti artigiani e altrettanti piccoli commercianti non c’è stata via di scampo. L’unica soluzione è stata quella di gettare definitivamente la spugna”.
Allarme Partite Iva: “Occorre invertire la tendenza”
Per tentare una inversione di tendenza, secondo la CGIA, oltre ad abbassare le tasse, rilanciare i consumi e ad alleggerire il peso della burocrazia è necessario, in particolar modo nell’artigianato e per le Partite Iva, rivalutare il lavoro manuale perché negli ultimi 40 anni c’è stata una svalutazione culturale spaventosa.
Attraverso le riforme della scuola avvenute in questi ultimi anni, sono stati fatti alcuni passi importanti, ma non basta. Bisogna fare una vera e propria rivoluzione per ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento economico a tutte quelle professioni dove il saper fare con le proprie mani costituisce una virtù aggiuntiva che rischiamo colpevolmente di perdere.
Per gli analisti della CGIA, la crisi c’è, morde e fa paura, ma, nonostante ciò, c’è anche il rovescio della medaglia:
“Non sono pochi, infatti, i settori dove i posti di lavoro rimangono scoperti perché i giovani non sono disponibili a impegnarsi professionalmente. Gli autisti di mezzi pesanti, addetti alle macchine a controllo numerico, i tornitori, i fresatori, i verniciatori e i battilamiera sono pressocché introvabili. Senza contare che, al netto dei lavoratori stranieri, nel settore delle costruzioni è sempre più difficile reperire conduttori di macchine per il movimento terra, carpentieri, cappottisti, posatori e lattonieri”.
Da quasi un anno Cgia chiede sia al premier Draghi che ai governatori di aprire un tavolo di crisi permanente a livello nazionale e locale sulle Partite IVA.
“Mai come in questo momento, infatti, è necessario dare una risposta ad un mondo, quello autonomo, che sta vivendo una situazione particolarmente delicata. Intendiamoci, misure miracolistiche non ce ne sono. E non dobbiamo nemmeno dimenticare che in questi ultimi due anni oltre ai ristori (ancorché del tutto insufficienti), gli esecutivi che si sono succeduti hanno, tra le altre cose, istituito l’Iscro, l’assegno universale per i figli a carico ed il reddito di emergenza per chi è ancora in attività. Tutte misure importanti, ma non sufficienti per fronteggiare le difficoltà provocate da questa crisi pandemica”.
Le richieste della CGIA
“E’ necessario coinvolgere il ministero dell’Istruzione affinché attivi quanto prima una importante azione informativa-formativa nei confronti degli studenti delle scuole medie superiori che li sensibilizzi in particolar modo su un punto: una volta terminato il percorso scolastico, nel mercato del lavoro ci si può affermare anche come lavoratori autonomi. Prospettiva, quest’ultima, che tra i giovani è poco conosciuta”
chiede la Cgia. E ancora:
“E’ inoltre auspicabile, dove queste esperienze non esistono, aprire momenti di confronto tra le parti sociali (associazioni datoriali e sigle sindacali), le istituzioni locali (Comuni, Province, Cciaa, etc.) e il mondo della scuola con l’obbiettivo di avvicinare il più possibile la domanda all’offerta di lavoro. Un problema, quello del mismatch occupazionale, che paradossalmente interessa anche quelle regioni che presentano livelli di disoccupazione giovanile molto elevati”.