Nei giorni scorsi il MEF ha paventato l’ipotesi di applicare, a partire dal secondo semestre fiscale di quest’anno, l’obbligo di fatturazione elettronica anche per le Partite Iva in regime forfettario. Questo accadrebbe anche per adempiere ad uno degli obiettivi del PNRR sull’amministrazione fiscale, come azione per garantire, da un lato, trasparenza e tracciabilità e, dall’altro, un maggior contrasto all’evasione fiscale.
Per comprendere meglio lo stato dell’arte delle cose, ne abbiamo parlato con il dott. Leonardo Nesa, consigliere dell’UNGDCEC.
Dott. Nesa, cosa potrebbe cambiare nel corso del 2022 in merito alla fatturazione elettronica per le Partite Iva?
“Innanzitutto è bene chiarire che il regime di fatturazione elettronica esiste dall’anno 2019 ed è un obbligo per tutti i soggetti con la partita IVA. Per tutti questi soggetti nel 2022 non è cambiato nulla. L’unica modifica che già sembrava dovesse entrare in vigore quest’anno è l’estensione della fatturazione elettronica ai soggetti in regime forfettario, ma è ancora presto per comprendere cosa accadrà. Il dato certo che abbiamo è che la Comunità Europea ha confermato la possibilità per l’Italia di applicare ancora la fatturazione elettronica, perché è un regime teoricamente temporaneo, anche se poi nella sostanza c’è la forte possibilità che l’Italia continuerà in questa direzione anche oltre il 2024.”
Quindi, la fatturazione elettronica non è un regime previsto anche in Europa per il contrasto all’evasione fiscale?
“No, è un sistema tutto italiano creato proprio per garantire trasparenza e tracciabilità facilitando la lotta all’evasione e alle frodi fiscali. Ma per questo motivo l’Italia, che è nella comunità europea, ha la necessità di chiedere l’approvazione per poter applicare questo regime che si pone in deroga al regime ordinario. Nella comunità europea, infatti, non esiste un obbligo di fatturazione elettronica, pertanto, il nostro Paese ha dovuto chiedere il benestare per continuare la sperimentazione iniziata nel triennio 2019-2021”.
E l’ha ottenuto?
“Si, è stato concesso, quindi si andrà avanti con la fatturazione elettronica sicuramente per la generalità delle imprese, le novità principale è che la Comunità Europea ha consentito l’estensione anche al regime forfettario, che è un regime agevolato; sembrava che con il nuovo anno anche il regime agevolato dovesse entrare nel mondo della fatturazione elettronica, avendo avuto il benestare dall’Europa, ma in realtà manca ancora una norma nazionale che recepisca questa indicazione e che ne stabilisca le regole precise”.
Secondo le ipotesi più accreditate, la fatturazione elettronica per il regime forfettario potrebbe entrare in vigore a partire da metà dell’anno corrente. Non si va incontro a maggiori complessità in questo caso?
“Non è certo che sia la metà dell’anno, per il momento queste informazioni sono sommarie per lo più collegate agli obiettivi posti dal PNRR. La fatturazione elettronica da alcuni punti di vista può essere scomoda, perché il contribuente si deve dotare di un sistema che gli consenta di trasmettere le fatture elettronicamente. Questo potrebbe avere un aggravio dei costi e della burocrazia, almeno all’inizio; d’altra parte, però, è anche una scelta che mira a salvaguardare l’ambiente, perché verrebbe meno tutta la parte documentale cartacea e in un mondo ormai digitalizzato è sicuramente più comodo e semplice da gestire avere a disposizione online tutte le fatture. Tra l’altro con la fatturazione elettronica, anche le Partite Iva sono soggette a più controlli e all’obbligo di fatturare entro i 12 giorni dalla prestazione. Per il momento, però, non c’è ancora nulla di certo”.
Pensa che si possano fare previsioni in merito?
“Probabilmente l’obbligo scatterà a partire dal prossimo anno. Sicuramente è un obbligo che entrerà in vigore un giorno, perché lo richiede anche il PNRR, ma come dicevo prima manca ancora la parte della normativa nazionale che regoli tutto. Sicuramente, è opportuno che i titolari di regimi forfettari inizino a comprendere che prima o poi dovranno adeguarsi”.
Per gli altri regimi fiscali, invece, ci sono novità importati a partire da quest’anno?
“Si. La prima è legata alla rimodulazione delle aliquote IRPEF, che ha un impatto sul mondo del lavoro dipendente ma anche sui lavoratori autonomi: la persona fisica che fa attività imprenditoriale, ad esempio un negoziante che non ha la società ma che lavora con il suo nome, ma anche i professionisti, gli artigiani e così via avranno un impatto dalla rimodulazione, perché anche loro vedranno cambiare le aliquote. Lo stesso discorso vale per l’eliminazione dell’IRAP, che per questi soggetti indica un risparmio di circa il 4%”.
Dato il perdurare della congiuntura pandemica, l’UNGDCEC ha intenzione di sollevare alcune richieste al Governo come in passato?
“Abbiamo costantemente interagito con la politica e con l’Agenzia delle Entrate chiedendo nuove modalità di accesso al contributo a fondo perduto, la proroga da 60 a 180 giorni per il pagamento delle cartelle esattoriali – proposta che è stata confermata. Sul fronte giovani abbiamo presentato una riforma per sollevare dall’impatto delle tasse gli under 30, proposta che è ancora al vaglio del arlamento.. Adesso, invece, ci stiamo impegnando per il discorso delle cartelle esattoriali: è ricominciata da qualche mese la riscossione da parte dall’Agenzia delle Entrate per le cartelle che erano rimaste ferme, ma senza più le agevolazioni della rottamazione. L’unica agevolazione è che mentre prima il pagamento andava fatto entro 60 giorni adesso c’è la possibilità di farlo in sei mesi, ma il problema è che prima della cartella esattoriale l’Agenzia delle Entrate manda un avviso che si chiama avviso bonario, ossia la prima intimazione di pagamento. Questa ha sanzioni più basse, 10% rispetto al 30% perché andrebbe pagata entro 30 giorni. Ma immagina un contribuente che per due anni non ha lavorato, se non riesce a pagare l’avviso bonario entro 30 giorni con una sanzione minima come fa a pagarla poi con sanzioni maggiori?“
Quindi come vi state muovendo?
“Stiamo cercando di fare qualcosa per forzare il termine di pagamento di questi avvisi bonari, magari passando da 30 a 180 giorni, sarebbe già un grande passo avanti.”
Ma il taglio dell’aggio annunciato dall’Agenzia delle Entrate nei giorni scorsi che impatto ha in merito?
“E’ un passo, ma minimo, innanzitutto il taglio degli oneri di riscossione del 3% e del 6% è solo per le cartelle dal 1° gennaio 2022. Il problema è che ci sono delle grosse difficoltà nel pagare nei termini, quindi bisognerebbe riproporre delle dilazioni ed è quello che stiamo proponendo al Parlamento”.