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Nuovo boom del BTP a 30 anni: trionfo del risparmio o della speculazione?

Rispetto agli attuali tassi di mercato e ai rendimenti di titoli aventi caratteristiche similari, la remunerazione del capitale investito in BTP a 30 anni può essere considerata effettivamente appetibile, ma ci sono in ogni caso alcune valutazioni che è opportuno fare.

Anche quest’anno il Tesoro, in ricerca di nuova liquidità, ha ottenuto un nuovo record per il collocamento di BTP a 30 anni: sono stati collocati 7 miliardi a fronte di una richiesta iniziale di oltre 55 miliardi. A ben vedere, il trend di collocamento risulta al ribasso rispetto ai dati di un anno fa, ma diverse sono ovviamente le contingenze politiche, economiche e monetarie di riferimento.

Ancora oggi un’importante platea di investitori è interessata a questo tipo di impiego. Ma chi investe in BTP a 30 anni?

In base ai dati ufficiali dichiarati dal MEF, la maggiore quota dell’ultimo collocamento è stata sottoscritta da gestori di fondi comuni (45,6%) e banche (34,3%). Solo il 14,6% è stato collocato ai cosiddetti “investitori di lungo periodo” (il 6,8% a fondi pensione e assicurazioni e il 7,8% a istituzioni governative).

La spinta a questo tipo di investimento sembra quindi derivare principalmente da logiche speculative e di diversificazione del rischio. Per comprendere però quest’affermazione è utile approfondire le caratteristiche di un BTP e come può essere calcolato il suo rendimento al netto dei rischi impliciti.

Cos’è un BTP

Il BTP (Buono Poliennale del Tesoro) sono titoli a medio-lungo termine emessi per finanziare il debito pubblico allungandone nel contempo la scadenza media. I BTP possono essere emessi con scadenze pari a 3, 5, 7,10, 15, 20, 30 e 50 anni, mediante un procedimento chiamato asta marginale che si svolge normalmente due volte al mese. Nel caso dei BTP a 15 e 30 anni l’emissione viene fatta solo in base alla reale domanda di mercato.

A queste aste possono partecipare solo intermediari finanziari autorizzati (non stiamo parlando dei più recenti BTP Italia e BTP Futura) che si aggiudicheranno i titoli richiesti dando priorità alle offerte con prezzo più alto: il meccanismo dell’asta marginale prevede che tutti i partecipanti all’asta paghino il medesimo prezzo (il prezzo marginale) che corrisponde al prezzo più basso tra quelli offerti da tutti gli aggiudicatari dell’asta.

Il rendimento dei BTP

Deriva innanzitutto dal tasso cedolare che viene garantito all’emissione, ma in gran parte anche dalla differenza tra il prezzo di sottoscrizione e il valore nominale di rimborso alla scadenza. Ai BTP appena emessi è stato attribuito un tasso cedolare del 2,15% ed un rendimento lordo del 2,162%, dovuto alla presenza di uno scarto positivo di emissione (per ciascun titolo sono stati pagati 99,987 centesimi di Euro a fronte dei 100 che saranno rimborsati a scadenza). Le cedole di interesse sono predeterminate al momento dell’emissione e pagate posticipatamente con cadenza semestrale.

I BTP possono essere acquistati a partire dal giorno successivo alla loro emissione anche sul MOT (Mercato telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato) che è il mercato secondario gestito da Borsa Italiana S.p.A. dove i risparmiatori (sempre tramite un intermediario) possono comprare o vendere titoli di Stato e altre obbligazioni.

Il prezzo a cui il titolo sarà quotato corrisponderà al suo valore nominale maggiorato della quota di interessi nel frattempo maturata. In questo secondo caso il valore del BTP, al pari di qualsiasi altro titolo azionario od obbligazionario negoziato, sarà suscettibile alle oscillazioni di mercato (volatilità).

Perché quindi investire in BTP?

Le motivazioni possono ovviamente essere molteplici.

I BTP sono titoli adatti per investimenti di medio-lungo periodo con un profilo di rischio medio/basso, ma solo quando si intenda mantenerli fino alla scadenza (l’unico rischio è quello che lo Stato diventi inadempiente rispetto ai suoi obblighi di rimborso del capitale e di pagamento degli interessi).

Ma i BTP sono anche adatti ad investimenti speculativi di più breve periodo, dove l’obiettivo dell’acquisto è essenzialmente riconducibile alla volontà di rivendere il titolo prima della scadenza cercando di massimizzare il guadagno. In questo caso il rischio (di mercato) in cui si incorre dipenderà dalla fluttuazione dei rendimenti del titolo e sarà tanto più elevato quanto più lunga è la sua vita residua.

Il valore di un BTP negoziato sul mercato secondario dipende dai tassi di interessi con cui vengono emessi i titoli collocati successivamente. Se il tasso cedolare delle successive emissioni di BTP fosse più alto, la convenienza ad investire in titoli esistenti sarebbe inevitabilmente più bassa, così come il suo valore di mercato.

Quanto conviene investire in BTP

Rispetto agli attuali tassi di mercato e ai rendimenti di titoli aventi caratteristiche similari, la remunerazione del capitale investito in BTP a 30 anni può essere considerata effettivamente appetibile, ma ci sono in ogni caso alcune valutazioni che è opportuno fare.

Innanzitutto, bisogna valutare la convenienza dell’investimento in funzione del rendimento netto (e non lordo) del titolo: bisogna infatti sottrarre le commissioni, talvolta anche considerevoli, riconosciute all’intermediario presso cui abbiamo acquistato il titolo, oltre ad una serie di imposte da pagare sul guadagno conseguito.

La tassazione sui rendimenti dei BTP è applicata innanzitutto sugli interessi cedolari corrisposti semestralmente (ad oggi pari al 12,5%), ma nel caso in cui si operi sul mercato secondario, ci sono ulteriori imposte da pagare sullo scarto di emissione (differenza tra il valore del BTP al momento dell’emissione e il suo valore al momento dell’acquisto) e sull’eventuale plusvalenza (cioè sul guadagno derivante dall’operazione di vendita).

Queste considerazioni devono essere anche contestualizzate al momento storico che stiamo attraversando.

Il caro energetico e l’aumento dei prezzi delle materie prime ha innescato un nuovo trend inflattivo a cui corrisponderà una tendenza al rialzo dei tassi di interesse. I più recenti dati ISTAT riportano una stima del tasso di inflazione per il 2022 pari al 2,8% a fronte del 1,9% medio calcolato per l’anno precedente. Un incremento generalizzato del costo della vita e di conseguenza del costo del denaro (probabilmente necessario a compensare la perdita del potere d’acquisto subita), comporteranno un maggiore rendimento dei titoli di Stato di prossima emissione con conseguenze prevedibilmente negative sul valore di mercato di quelli appena quotati.

Il rendimento del nuovo BTP a 30 anni non sarebbe tra l’altro sufficiente a coprire neanche l’attuale tasso d’inflazione dell’Italia (3,9% a dicembre 2021) né, in un’ottica di lungo periodo, a remunerare il capitale dalla ipotetica perdita del potere d’acquisto che è stata mediamente fissata in Europa dalla BCE al 2%.

Ognuna delle valutazioni fatte non può essere in ogni caso considerata esaustiva per una corretta scelta di investimento. La chiarezza degli obiettivi prefissati, un comportamento coerente ad essi, l’inclinazione al risparmio, una certa dose di propensione al rischio ed una buona educazione finanziaria sono i fattori preponderanti che guideranno le decisioni del potenziale investitore.

Redazione

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