Una provocazione forte quella dell’economista Alberto Brambilla, ma basata su numeri reali che sembrerebbero nascondere molto della realtà del sommerso dell’economia e dell’equilibrio sociale dell’Italia.
Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e ricerche Itinerari Previdenziali, presentando al Cnel l’Osservatorio sulle dichiarazioni dei redditi realizzato in collaborazione con Cida, ha esordito con un dato sconcertante:
“Secondo i dati Irpef 2019, il 57% degli italiani, vale a dire circa 14.535.000 famiglie su un totale censito da Istat di 25,7 milioni, vive in media con meno di 10mila euro lordi l’anno. È un dato credibile? Difficile pensare che gli abitanti di un Paese del G7 possano vivere in queste condizioni”.
La nota dolente, fra l’altro, si può leggere in quello che è facile definire come “rovescio della medaglia”:
“Resta invece invariata, salvo piccoli scostamenti, la percentuale di contribuenti che sopportano quasi per intero il carico fiscale: il 43% circa paga il 91,46% di tutta l’Irpef; il restante 57% ne paga solo l’8,54%. È il dato cruciale su cui riflettere quando si discute di riforma fiscale“
I dati spiegati da Brambilla
Brambilla ha poi rilevato “una differenza tra le diversi classi troppo marcata e destinata ad acuirsi negli anni a venire per effetto dei recenti provvedimenti che aumentano importo e platea dei destinatari di bonus e altre agevolazioni a sostegno del reddito”.
“Giusto aiutare chi ha bisogno ma i nostri decisori politici tendono a trascurare come queste percentuali dipendono in buona parte anche da economia sommersa ed evasione fiscale, per i quali primeggiamo in Europa – ha puntualizzato Brambilla- . Basterebbe guardare al solo rapporto dichiaranti/abitanti (pari a 1,44) per porsi qualche domanda: è davvero credibile che più del 50% degli italiani viva con meno di 10mila euro lordi l’anno? Questi numeri ci descrivono come il Paese povero che in verità non siamo: una fotografia non degna di uno Stato del G7 e facilmente smentita dai dati sui consumi o sul possesso di beni come smartphone o automobili”.
Ed è proprio sull’indagine rilevata sui beni di consumo acquistati che Brambilla fa il punto (e giustifica il suo scetticismo):
“In Italia ci sono 77,71 milioni di connessioni telefoniche (il 128% degli abitanti),, il 97% degli italiani possiede almeno uno smartphone, molti più di uno. Poi nel 2019, secondo l’Agenzia dei Monopoli i nostri connazionali hanno investito 125 miliardi nel gioco, regolare o irregolare che sia. E ancora, secondo i dati Aci, il parco veicoli circolante in Italia al 2019 era di 52.401.299 unità, di cui 39.545.322 auto. Solo il Lussemburgo ne ha più del nostro Paese nell’Unione Europea. E infine -conclude Brambilla- l’Italia è tra i Paesi dell’Ue con i più alti livelli di evasione ed elusione fiscale”.
Cosa vuole definire, quindi, questa situazione?
“La metà versa poco meno del 3% del gettito Irpef, pari a 172,56 miliardi di euro al netto di bonus e detrazioni varie: solo per garantire loro l’assistenza sanitaria servono più di 50 miliardi, pagati da altri contribuenti”, dettaglia il presidente Alberto Brambilla.
“Un enorme e costante trasferimento di ricchezza, sotto forma di servizi gratuiti, di cui questa enorme platea di beneficiari non si rende neppure conto – puntualizza Brambilla – davanti alle ripetute promesse (spesso “elettorali”) di nuove elargizioni da parte della politica, all’assenza di seri controlli e alla continua minaccia di abolizione delle tax expenditures per i redditi da 35mila euro in su”.
Redditi non certo da “ricchi” che, secondo Itinerari Previdenziali, scontano però l’italico paradosso secondo il quale più tasse si pagano e meno servizi si ricevono: una progressività occulta e pericolosa, che incentiva i cittadini a dichiarare meno così da non rinunciare a prestazioni sociali o altre agevolazioni da parte di Stato, Regioni e comuni.
Lo ricordiamo, negli ultimi vent’anni l’evasione fiscale in Italia ha pesato per oltre 931 miliardi di euro sulle spalle del Paese (dati Unimpresa). Sarà forse il caso di invertire la rotta e ragionare su un serio contrasto dell’evasione fiscale?