La sfida del PNRR è anche mettere le donne al centro della programmazione

"È di tutta evidenza quanto sia importante capire se e come le donne siano davvero un tassello rilevante nella programmazione nazionale e se e come le risorse possano in qualche modo sostenere le crisi del mercato".

Qualcuno tempo fa, in modo affettuoso per carità, mi chiese come mai dessi tanto spazio nelle mie pagine dei social più diffusi alle donne e alla vertenza Whirlpool.

Credo che sia arrivato il momento di esplicitare perché tanta mia attenzione, soprattutto in funzione di tre elementi dirimenti: il primo, il PNRR; il secondo, la fase economica e sociale post pandemica; il terzo, un mercato del lavoro che quando perde occupazione, la perde all’80% nel genere femminile.

I tre pezzi stanno insieme e non se ne può discutere in modo segmentato: il PNRR deve il suo essere prevalentemente alla pandemia, la pandemia ha fatto retrocedere il mercato del lavoro ai tempi precrisi del 2008 e gli ultimi dati diffusi ieri da Istat ci dicono che ad agosto 2021 su 80 mila occupati in meno, 68 mila sono donne.

Il nostro Paese si appresta a gestire una ingente mole di risorse (191,5 miliardi di euro cui aggiungerne altri 13 miliardi del programma REACTEU e circa 30,62 miliardi di euro derivanti dal Piano nazionale per gli investimenti complementari finalizzato ad integrare con risorse nazionali gli interventi del PNRR) in una situazione già compromessa dalla crisi del 2008 prima e poi da una pandemia inaspettata che ha generato morte, paura del futuro e sospettosità verso gli altri.

È di tutta evidenza quanto sia importante capire se e come le donne siano davvero un tassello rilevante nella programmazione nazionale e se e come le risorse possano in qualche modo sostenere le crisi del mercato.

Non mi sembra per niente poco e forse spiega il perché di tanto mio interesse, al netto di personali battaglie condotte sin dall’adolescenza per i diritti e la libertà delle donne, dall’aborto al divorzio alla rappresentanza in politica e nelle Istituzioni alla maternità non disgiunta dalla voglia di avere responsabilità anche nella vita professionale, e tanto altro. E anche al netto del fatto che la vertenza Whirlpool, simbolo di tutte le vertenze del Paese che stanno lottando contro la sordità e la cecità delle multinazionali, l’ho seguita in prima persona dal primo giorno e continuo a stare, anche se non più con il ruolo di Assessore al Lavoro, accanto ai lavoratori.

È necessaria attenzione affinché non si perda di vista che la disoccupazione femminile in Italia e in particolare nel Sud del Paese, è la più alta in Europa; che è un problema di infrastrutture, anche sociali, prima ancora che di lavoro; che le donne inattive e scoraggiate in Italia aumentano vertiginosamente; che il tasso di scolarizzazione femminile è piuttosto basso e che soprattutto le scelte degli indirizzi scolastici da parte delle giovani non sono allineate con le tendenze settoriali del mercato del lavoro. Sono tutti elementi ben descritti nel PNRR i cui interventi collegati andranno assolutamente monitorati, per evitare che dalle intenzioni si passi ai fatti in modo lento e discontinuo.

Ancora, si può perdere di vista il fatto che se il PNRR non parte per davvero dai territori devastati, dalle delocalizzazioni, dalle donne che perdono il lavoro, dalle famiglie che vivono discriminazioni per scelte che attengono esclusivamente alla sfera personale, dalla cura degli anziani e dei minori che non siano solo un carico della famiglia e quindi delle donne, dal Mezzogiorno del Paese, è probabile che la sfida sia già persa in partenza. Soprattutto se si continua a pensare al welfare, alla sicurezza, alle tutele, come a un costo e non a un investimento.

È dalla classe operaia femminile, dalle donne come le operaie di Whirlpool Napoli o di GKN di Campi Bisenzio o di Texprint di Prato, che può e deve partire una riflessione sul lavoro delle donne e degli uomini, sull’equilibrio vita lavoro, su come affrontare le nuove famiglie, i nuovi modelli di genitorialità applicati a un mondo del lavoro che non riesce a mutare con gli stessi ritmi.

E un’ultima attenzione: non temiamo di dire che sulle imprese (e non solo quelle del Sud) grava l’ipoteca della criminalità e del malaffare. Una vera riforma parte anche da questo, dal controllo sugli appalti, dalla verifica sui contratti, sulla sicurezza, sulle condizioni di lavoro.

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