Welfare, disabili e non autosufficienti. A che punto siamo?

"Affrontare la situazione di queste persone e delle loro famiglie è pertanto cruciale per dare un futuro al Paese".

Dopo la presentazione del Patto per un nuovo Welfare sulla non autosufficienza che mette insieme associazioni, sindacati, federazioni, organizzazioni datoriali, abbiamo approfondito questo importantissimo tema con alcuni attori sociali. Ne abbiamo parlato con il Presidente del Forum Terzo Settore, Giampaolo Gaudino, con la Segretaria Cisl Napoli, Melicia Comberiati e con il Presidente Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap Campania (Fish), Daniele Romano.

Quali sono le necessità maggiori degli anziani non autosufficienti?
Gaudino, Forum Terzo Settore: “Sono sicuramente servizi di cura, socio-sanitari. Non possiamo dire che siano assenti, ma sicuramente così come sono organizzati non riescono ad essere del tutto efficaci. Osserviamo spesso servizi, anche su richiesta delle P.A., che sono sbilanciati sul lato sanitario, ma è palese e gli ultimi anni ce lo hanno detto in maniera chiarissima, che il benessere degli anziani passa dalla presa in carico integrata. I servizi debbono avere a cura l’intera vita delle persone anziane e il centro della vita di tutti noi è la relazione con l’altro. Quindi non si possono pensare a servizi che non mettano al centro la cura della relazionalità, gli stimoli ad una vita attiva (lì dove e per quanto possibile), il vivere il territorio sentirsi ancora parte di una comunità”.
Comberiati, Cisl Napoli: “Il tema è quanto mai cruciale. Secondo gli ultimi dati Istat, il rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni è notevolmente aumentato, passando dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019 (era il 148,7% nel 2001). Oggi nel nostro Paese sono presenti circa tre milioni gli anziani non autosufficienti, ossia coloro che non sono in grado di svolgere da soli le normali attività quotidiane e hanno bisogno di un accompagnamento: rappresentano il 5% della popolazione e il loro numero è destinato a raddoppiare entro il 2030. Affrontare la situazione di queste persone e delle loro famiglie è pertanto cruciale per fare un futuro al Paese”.
Romano, Fish: “Piuttosto di parlare di necessità, parlerei di diritti, ovviamente questo vale anche per le persone con disabilità e le loro famiglie, che ricordo se fanno carica dell’assistenza. Quindi bisogna ripartire o forse partire a ricostruire una rete di servizi sempre più a misura di cittadini, iniziando a garantire con continuità e certezze l’assistenza domiciliare. La criticità purtroppo che è emersa dall’emergenza sanitaria è che in Italia, e soprattutto nelle regioni meridionali, non esiste una rete di servizi domiciliari o dove la è presente è carente e per dirla tutta molto approssimata. Molte volte ci troviamo anche operatori non preparati e/o non qualificati e purtroppo anche sottopagati. Quindi bisogna parlare si di creare una rete di servizi sempre più vicini al cittadino ma anche di servizi di qualità, altrimenti ritorneremo al punto di partenza”.

Come deve essere rivisto il rapporto tra pubblico e privato sociale nella gestione di questi servizi?
Gaudino: “Chiaramente andrebbe rivisto il rapporto tra le Pubbliche Amministrazioni e il Terzo settore. Andrebbe premiata la rete di prossimità. Questo mi immagino eviterebbe di creare oligopoli e premierebbe la costruzione di reti di servizi territoriali. Immaginiamo un territorio che sia capace di rispondere ai bisogni nei diversi momenti della vita degli anziani, con la promozione di servizi per l’invecchiamento attivo, con servizi domiciliari e con strutture (con standard nuovi) per la residenzialità. Detta così può sembrare una banalità, ma questo pensiero ha senso e diventa realmente efficace ed efficiente (anche con un contenimento della spesa Pubblica), se davvero le azioni dalle origini si pensano integrate e non funzionino a compartimenti stagni. Non pensando che alcuni servizi funzionano a gare ad intermittenza ed altri ad accreditamenti con sistema chiuso. Invece ripensare ad un reale accreditamento con premialità delle reti, potrebbe essere una ottima risposta per un territorio che vuole prendersi cura dei nostri anziani”.
Comberiati: “Serve una grande riforma che punti alla integrazione degli interventi socio-sanitari, tenendo conto delle specifiche ed eterogenee condizioni degli anziani e delle loro famiglie, incrementando i finanziamenti pubblici in particolare per i servizi domiciliari e residenziali e puntando sull’innovazione. Questo sarà possibile solo con un grande patto sociale per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, un’ampia coalizione sociale, che intende elaborare proposte per dialogare con le istituzioni, un dialogo aperto per far fronte alle esigenze degli anziani e delle loro famiglie e dare gambe alla riforma prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.
Romano: “Bisogna partire da ciò che ha introdotto la riforma del terzo settore e cioè dalla co-progettazione delle politiche e quindi dei servizi rivolgiti ai cittadini più fragili. Fino ad oggi si è parlato esclusivamente di programmare e di concertazione con gli enti del terzo settore, contrapponendo quindi pubblico e privato sociale. Oggi per costruire un nuovo welfare invece bisogna progettare insieme partendo dai diritti e su questo costruire un sistema sempre più a misura di persona. Deve finire la logica delle politiche calate dall’alto, ma bisogna tener conto delle caratteristiche dei veri territori. Un’area interna rurale ha diverse criticità’ rispetto ad un’area metropolitana, questo influenza la progettazione anche delle politiche sociali”.

Il Piano di Ripresa italiano, il Pnrr, punta allo sviluppo tecnologico e amministrativo. Per disabili e non autosufficienti cosa è previsto e cosa si può chiedere al Governo e agli enti Regionali per sviluppare politiche degne in merito?
Gaudino: “Il Pnrr riserva delle risorse, ma mi sembra che molto sia da scrivere. Diverse associazione che si occupano di disabilità hanno fatto proposte in merito. Penso che ascoltare proposte come quelle pervenuta dalla FISH sia una strada utile. Anche in questo caso il ruolo del terzo settore nell’azione di advocacy è fondamentale, così come risulterà fondamentale, per fare in modo che i soldi vengano spesi bene, che il TS sia un attore importante nell’organizzazione futura dei servizi”.
Comberiati: “Il Pnrr è una grande opportunità per gli anziani non autosufficienti di questo paese, infatti esso prevede di avviare quella riforma del settore, che attendiamo dagli anni ’90. Le risorse, sicuramente, dovranno essere incrementate, ma si apre uno spazio che dovremo tutti riempire di contenuti, attraverso un grande patto sociale responsabile e condiviso. L’aspetto principale e che più ci interessa è che il Pnrr mette fine a una lunga fase di disattenzione del governo centrale nei confronti di questo settore. Da non sottovalutare come il Pnrr potenzia l’obiettivo di un approccio multidimensionale nell’assistenza agli anziani. Questo vuol dire, a livello nazionale, collaborazione tra ministero delle Politiche sociali e ministero della Salute, perché non si può chiedere di realizzare l’integrazione nei territori senza realizzarla a livello centrale”.
Romano: “Gli ambiti delle riforme e degli interventi saranno molteplici. I numeri: per la salute sono previsti 15,63 miliardi, con circa 4 miliardi per l’assistenza domiciliare e la telemedicina e e 2 miliardi per le Case della Comunità. Per le infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore sono previsti 11,17 miliardi, dove trovano spazio in particolare i principali interventi per le persone con disabilità, che annoverano, tra gli altri, innovativi percorsi di autonomia per individui disabili e la Legge quadro per le disabilità. Importante sottolineare come l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, sarà coinvolto dalle amministrazioni competenti per monitorare che le riforme proposte siano realmente inclusive. La nostra preoccupazione come associazione regionale è che gli enti locali, per via della scarsità delle risorse umane presenti soprattutto nei Comuni, come ha anche dichiarato il sindaco di Caserta e presidente dell’Anci Campania all’Espresso, non saranno in grado di programmare e quindi poi investire queste risorse”.

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