Dopo la congiuntura pandemica è necessario ripensare ad un nuovo ordine sociale, oltre che industriale. Sembra pensarla così Roberto Siagri, fondatore di Eurotech, che inizia a parlare di una società 5.0 quando sottolinea un problema diffuso:
“le imprese hanno confuso l’industria 4.0 con il super ed iper ammortamento, ovvero solo con il cambio dei macchinari. Forse occorre affiancare al termine Industria 4.0 il concetto di società 5.0 di derivazione giapponese, dato che in Giappone non si parla di Industria 4.0 ma di Società 5.0, anche perché le società si evolvono attorno ai modelli di produzione. L’industria 4.0 – evidenzia Siagri – va vista come superamento del modello di produzione industriale per approdare al modello di produzione digitale. Si potrà parlare di Industria 5.0 solo quando la digitalizzazione dell’industria 4.0 avrà fatto il suo corso”.
Industria 4.0 o Società 5.0?
Per comprendere il discorso di Siagri occorre fare un passo indietro. Lo shock derivante dalla pandemia Covid-19 ha colpito l’industria manifatturiera italiana in maniera profonda. Se il Pil italiano nel 2020 ha lasciato sul terreno l’8,8%, il giro d’affari dell’industria del nostro Paese è crollato di oltre il 10%, perdendo circa 130 miliardi di euro rispetto al 2019 (dati Istat).
Eppure, già in questi primi mesi del 2021, nonostante la terza ondata pandemica e il complicato iter delle vaccinazioni, la situazione economica generale è in miglioramento ed anche il fatturato del settore industriale è praticamente tornato ai livelli pre-covid. In aggiunta, le previsioni per il secondo semestre 2021 sono decisamente buone: trascinato da alcuni settori industriali quali l’alimentare, il farmaceutico e le costruzioni, secondo i dati Istat, il Pil italiano potrebbe registrare un forte recupero sia nel 2021 (+4,7%) che nel 2022 (+4,4%).
Sull’onda del trend positivo, gli analisti prevedono che il settore industriale sarà protagonista nei prossimi 3 anni di una robusta e costante crescita in Italia, soprattutto grazie all’enorme volume di fondi europei a noi destinati, resi disponibili dall’Ue per sostenere la ripresa. Si tratta di un’imperdibile e storica opportunità che il sistema Italia non può e non deve lasciarsi sfuggire. Ma l’accesso ai fondi europei e la conseguente ripresa economica non saranno per tutti.
Per Siagri, quindi,
“ora bisogna affrontare il tema della trasformazione industriale, superare il concetto di smart manufacturing che non è altro che la prima fase della trasformazione che l’industria 4.0, oltre che accelerare con i cambi dei modelli di business che si richiedono per far si che la transizione veramente avvenga. Si inizia a parlare di industria 5.0, forse perché si sta comprendendo ora il vero significato dell’industria 4.0. La trasformazione digitale porta con se la sostenibilità”.
Siagri cita un rapporto di McKinsey con il World Economic Forum che “vede ancora il 70% delle imprese con difficoltà nell’affrontare il tema della digitalizzazione.
“Siamo ancora nella fase ultima dell’Industria 4.0 con l’attivazione di nuovi modelli di business basati sulla servitizzazione delle cose e con una produzione che da modalità push si trasforma in modalità pull. Alla fine l’Industria 4.0 non è solo digitalizzazione dei processi produttivi, robot collaborativi e 3d printing. Ovvero non significa solo migliori processi produttivi, accesso e condivisione delle informazioni tramite semplici e sicure soluzioni in cloud ma anche un ripensamento del modello di produzione a 360 gradi che da industriale deve diventare digitale, ovvero più sostenibile per le imprese, per l’ambiente e con più benessere per tutti. Se però solo adesso – conclude Siagri – ci si è accorti della grande portata che ha la digitalizzazione, ben venga anche il termine industria 5.0. Anche se forse sarebbe meglio mutuare dal Giappone il termine società 5.0”.
(Fonte Tilancio)