Ex ILVA, Pavone: “Sentenza passo importante che rende giustizia alle vittime”

Per anni Taranto, sede dell’ex stabilimento ILVA, è stata il set di un film che nessuno voleva vedere, dove morte e inquinamento correvano per mano sullo stesso filo. Parliamo della Taranto dimora della più grande acciaieria d’Europa, ma anche del più grande scempio fatto ad una terra. Dopo dieci anni di indagini, polemiche, scudi penali, malattie, è arrivata la dura sentenza di condanna per gli ex proprietari e amministratori dell’azienda ILVA: Fabio e Nicola Riva. Tra gli imputati anche l’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, condannato a 3 anni e mezzo di carcere per concussione. F-Mag ne ha parlato con il giornalista e scrittore Giuliano Pavone.

Pavone è solo il primo grado di giudizio ma una cosa va detta: è una sentenza storica. I “venditori di fumo” Fabio e Nicola Riva, gli ex proprietari dell’indotto ILVA e tra i 47 imputati nel processo Ambiente Svenduto riguardante l’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico, sono stati condannati a 22 e 20 anni di reclusione. Come ha vissuto questa notizia?
“Con moderata soddisfazione. La sentenza non risuscita i morti, né fa cessare magicamente l’inquinamento, ma dimostra che l’impianto accusatorio ha retto e riafferma un principio tutt’altro che scontato, come dimostra la recente tragedia del Mottarone: non si possono fare profitti sulla pelle altrui. Questa sentenza è solo un passo, ma un passo importante, che rende giustizia alle vittime e premia gli sforzi quasi inumani delle tante persone impegnate nel chiedere giustizia per Taranto e per tutti gli altri siti inquinati”.

Quando si parla di Taranto parliamo anche della sede dell’acciaieria più grande d’Europa, l’ex ILVA.  Alla luce di questa sentenza, crede possa esserci per davvero quella transizione ecologica auspicata in questi anni e, soprattutto, negli ultimi mesi?
“Credo che sulla transizione ecologica non influisca una sentenza ma la volontà politica. Negli ultimi tempi assisto a una specie di schizofrenia: il mondo intero sembra essersi convertito al green, ma tutto questo non vale per Taranto, dove ci si limita a un piano ambientale che – ammesso e non concesso che venga mai realizzato – porterebbe a emissioni inquinanti superiori a quelle attuali”.

Prima abbiamo citato un’espressione non a caso: “Venditori di Fumo”. Questo è il titolo di un libro che lei ha scritto nel 2014 edito da Barney Edizioni, legato a un evento ben preciso e che vede coinvolti proprio alcuni membri della famiglia Riva. Ce ne parla?
“L’espressione viene usata in una telefonata dal figlio di Fabio Riva, il quale suggerisce di scrivere un comunicato stampa fuorviante per far credere che l’Ilva collabora con la Regione Puglia sulla questione inquinamento e che in sostanza va tutto bene. L’espressione mi è sembrata emblematica di una vicenda in cui il fumo non è solo quello che esce dai camini della zona industriale tarantina, ma anche quella cortina di disinformazione e connivenze che l’ha reso invisibile per tanto tempo. Ancora oggi, nonostante anni di indagini, perizie, udienze (e ora anche una sentenza), diverse voci, fra stampa e politica, affermano che il nesso fra Ilva ed eccessi di mortalità non è provato…”

In Senato è in discussione una legge per l’introduzione della tutela dell’ambiente e degli animali in Costituzione. Quanto pensa sia necessario questo provvedimento che modificherà la nostra Carta? Lo vede propedeutico al raggiungimento che ci siamo dati per il 2050?
“Credo che possa avere un valore non in sé stessa ma in quanto espressione di un cambio culturale che attraversa questa epoca. Sicuramente in passato la nostra cultura privilegiava il lavoro rispetto ad altri diritti come quello alla salute o alla protezione dell’ambiente. Oggi qualcosa sta cambiando. Per dimostrarlo, però, non basta una legge costituzionale: ci vogliono i fatti, a partire da Taranto”.

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