Fino al 2009 una PMI con capitalizzazione prevista inferiore ai 40 milioni di euro non poteva quotarsi in borsa. Un grosso limite per un paese come l’Italia dove le piccole e medie imprese sono tantissime. Da qui nasce AIM Italia, dedicato alle PMI, Growth Market di Borsa Italiana che permette alle piccole e medie imprese di quotarsi. Ma come funziona e chi vi può aderire? Ne abbiamo parlato con Fabio Brigante, Head of Mid & Small Caps Origination Equity Primary Markets di Borsa Italiana.
Partiamo dal chi e quali aziende possono quotarsi all’AIM?
“Si pensa che la grandezza sia un parametro. In realtà non è quello il discrimine. È importante avere delle buone potenzialità di crescita, una chiara strategia aziendale e la capacità di presentarsi al mercato in modo trasparente. Poi si può essere anche piccoli come ad esempio, l’ultima azienda che si è quotata in AIM (Casasold), un’azienda nata da poco che si occupa di servizi immobiliari. La società ha un modello di business innovativo, per questo il mercato, nonostante un fatturato di 1,4 milioni di euro l’ha premiata e, in poco tempo, con una raccolta di 2,7 milioni di euro. Esistono poi dei parametri formali che vanno rispettati”.
Quali?
“Senza entrare troppo nel dettaglio: bisogna essere una Società per Azioni ed avere almeno un bilancio certificato. Ma il processo che porta alla quotazione, una PMI non lo affronta da sola. C’è una banca, il cosiddetto Nomad, che l’accompagna nel percorso e la aiuta a rispettare tutti i requisiti sia durante la fase di ammissione che per tutta la permanenza sul mercato”.
Ma perché una PMI dovrebbe quotarsi?
“Si pensa che la quotazione serva solo per finanziare la crescita. Ciò è vero, ma è solo un aspetto. Quotarsi in borsa cambia anche lo status di un’azienda. L’impresa ottiene una visibilità e una credibilità diversa, si dota di una struttura societaria adeguata ad affrontare le sfide del mercato (non solo quelle finanziare) con un cda con un consigliere indipendente per esempio, rispetta tutta una serie di requisiti di trasparenza, perfeziona la struttura manageriale. Assoggettarsi volontariamente alla regolamentazione e ai requisiti di trasparenza crea un plus di valore riconosciuto. In un certo senso per molte aziende arrivare all’AIM è stata una vera e propria rivoluzione che ha aperto grandi opportunità e gli ha dato nuove responsabilità. Molte imprese hanno avuto anche un beneficio che spesso viene sottovalutato: sono state capaci di attrarre risorse qualificate. In pratica, una volta quotate, hanno trovato con più facilità figure manageriali da inserire nella struttura e sono riuscite a realizzare partnership con grandi aziende, come la Sciuker che in poco tempo ha moltiplicato per sei il valore delle sue azioni, e che adesso collabora con Enel X”.
Perché una PMI dovrebbe finanziarsi in Borsa e non presso una banca?
“Sono due percorsi sinergici, ma diversi. Un’azienda quotata o meno avrà sempre bisogno della banca. Oggi, soprattutto una PMI, ha bisogno di diversificare le fonti di finanziamento e la quotazione in Borsa è lo strumento ideale per coniugare capitale e strategia. Le aziende quotate ottengono valore aggiunto che consentirà loro di avere una maggiore autorevolezza sul mercato sia in termini commerciali sia come posizionamento competitivo utile a valutare operazioni di aggregazione e di internazionalizzazione. Inoltre con l’impresa quotata, gli istituti di credito si relazioneranno in modo diverso”.
Quali sono i costi per quotarsi?
“Principalmente ci sono costi fissi e variabili. Dipende molto da dove parte l’azienda. È importante confrontarsi con un team di advisor adeguato, in grado di valutare i gap da colmare per soddisfare le richieste del mercato. Ad esempio le srl che dovranno iniziare a certificare il bilancio dovranno affrontare nuovi costi. In generale i costi fissi sono legati ai consulenti funzionali alla quotazione (Nomad, advisor finanziario, studio legale e fiscale, società di revisione, società di comunicazione), giudicati anche in relazione al mercato di quotazione (AIM diverso da MTA), alla struttura, dimensione e complessità dell’azienda, alla tipologia di offerta. I costi sono variabili in quanto legati al successo del collocamento. Importante per le PMI il credito di imposta del 50% sui costi di IPO, un incentivo decisamente utile e interessante nel valutare questa opportunità. In termini di tempo il percorso prende circa 4-6 mesi, per far sì che tutti i parametri richiesti dalla Borsa siano rispettati”.
Guardiamo le cose dall’altra prospettiva: perché un investitore dovrebbe mettere del denaro in un’azienda quotata all’AIM e non in una classica “Blue Chip” (le società ad alta capitalizzazione ndr)?
“In genere sono due tipi di investitori diversi. Con L’AIM prendi un rischio leggermente maggiore, ma le potenzialità di crescita sono interessanti. Chi investe nelle aziende quotate all’AIM investe nell’economia reale, nel tessuto produttivo italiano e anche nei cosiddetti nuovi settori (proptech, fintech, cybersecurity, healthtech etc), con la possibilità di individuare i campioni di domani”.
Il caso Bio-On cosa ha insegnato (Bio-On è stata un’azienda di bioplastiche che aveva raggiunto una forte capitalizzazione in borsa, ma che è finita in fallimento dopo essere stata accusata di essere una bolla)?
“Non commentiamo casi specifici. Riteniamo che l’attuale livello della regolamentazione e dei controlli sia coerente con l’obiettivo di bilanciare quanto richiesto agli emittenti. Sul caso specifico, sono in corso procedimenti da parte delle autorità competenti”.