La pandemia da virus Covid 19 ha frenato la rincorsa delle donne alla guida delle Startup e delle imprese italiane. Ai dati di crescita di imprese innovative guidate dalle donne degli ultimi anni, si sovrappongono i numeri che raccontano di come l’imprenditoria femminile abbia subito più di altre la crisi pandemica.
Il quadro generale dell’imprenditoria femminile
Prima di analizzare i dati, però, è bene fornire un quadro rispetto alla realtà delle donne alla guida delle imprese. In Italia il 96,8% delle imprese guidate dalle donne rientra nelle microimprese con meno di dieci addetti, il 2,9% è rappresentato dalle piccole e medie imprese e solo lo 0,3% può essere definita medio-grande.
Il ritardo, in particolare, si registra nel centro-sud. Il 63,6% delle imprese al femminile ha sede nel centro-nord, mentre solo il 36,4% nel centro-sud. Fra le startup innovative, meno del 13% è guidato da donne.
Per quanto riguarda l’età, solamente l’11,3% è rappresentato da imprenditrici under 35.
Cinque sono gli ambiti con prevalente gestione femminile: servizi alla persona, sanità e assistenza sociale, tessile e abbigliamento, istruzione, ristorazione e servizi turistici. Tra il 2015 e il 2019, però, si è assistito a una crescita dell’imprenditoria femminile nei settori più innovativi come quelli scientifico-tecnici, dell’informatica e delle telecomunicazioni.
La pandemia ferma le donne
L’incremento delle imprese al femminile, però, ha subito un duro stop nel periodo della pandemia. Ciò a causa anche di fattori culturali e sociali che rendono l’Italia ancora arretrata rispetto alle condizioni di parità delle donne.
L’avvento della pandemia ha segnato, di fatto, un’importante battuta d’arresto per le attività al femminile. Dall’approfondimento “Ripartire dalla risorsa donna” di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, emerge che le donne sono state le più colpite dall’emergenza sanitaria: nel secondo trimestre del 2020, il 55,9% dei posti persi apparteneva a una donna.
Le principali ragioni di tale recessione sono imputabili a quattro fattori. L’imprenditoria femminile spesso si concentra in micro imprese, con liquidità inferiore rispetto alle grandi imprese; sebbene sia comprovato che le aziende al femminile siano più stabili, le imprenditrici hanno minor accesso al credito e ai finanziamenti di capitale rispetto agli uomini.
Inoltre, le donne operano mediamente nei settori maggiormente colpiti dalle restrizioni imposte dalla pandemia. Infine, è subentrata una questione culturale tipicamente italiana: la chiusura e la trasformazione digitale dei servizi essenziali, come la scuola, ha imposto alle donne di occuparsi della famiglia, mettendo in secondo piano il lavoro.
Un dato non del tutto drammatico
Ma c’è anche qualche notizia positiva che mostra la resilienza delle imprese al femminile. Da una ricerca condotta dall’osservatorio Qvc emerge che in questo anno pandemico oltre il 56% delle italiane alla guida di un’impresa ha dichiarato di avere intrapreso una o più azioni specifiche per migliorare o avviare l’utilizzo del digitale, portando il proprio business su piattaforme di e-commerce o sviluppando progetti di comunicazione online. Meno del 6% ha avviato una drastica riduzione dei costi.
Ma dalla ricerca Qvc sono emersi dati interessanti anche sulla parità di genere. Su un campione di 216 imprenditrici alla guida di aziende di diverse dimensioni, il 60% delle intervistate dichiara di trovarsi sempre a dover combattere più di un uomo per avere successo. Questa tematica è particolarmente sentita dalle imprenditrici meno giovani, con una quota pari 63% della categoria.
Riguardo all’equilibrio fra tempo dedicato al lavoro e vita privata, oltre il 51% afferma di averlo trovato. Tale balance, però, si raggiunge con l’esperienza: a dichiararlo sono, infatti, il 60% delle imprenditrici con più di cinque anni di pratica. Circa il 46% delle giovani vorrebbero avere più spazio per la vita privata, ma non riescono a ottenerlo.